Musinè 1150 mt.
La leggenda narra sia una montagna magica, invasa dagli alieni, popolata dai lupi mannari e da un mago. Pare, addirittura, sia un vulcano inattivo da millenni e che ci siano delle interconnessioni energetiche studiate a tavolino a fronte della sua stessa geocalizzazione.
Come il fatto che il monte sorga di fronte alla Sagra di San Michele: “il bene di fronte al male, il drago di fronte a San Michele“.
Si narra dell’anno 966 D.C, quando Erode fu esiliato qui, durante la “strage degli innocenti” e che per le empietà commesse, fu condannato ad aleggiare imprigionato all’interno di un carro di fuoco, per l’eternità.
Sulla sua cima sorge un’imponente croce in cemento armato, eretta nel 1901, in memoria della battaglia in cui Costantino sconfisse Massenzio; fonti documentali citano che, sui pendii del Musinè, all’imperatore apparve la scritta “In hoc signo vinces” per la quale si convertì al Cristianesimo, e che ciò influenzò l’intera Europa sul fronte religioso.
Noi quella croce l’abbiamo raggiunta eccome!
Il posto trasuda di storia, vita, misteri e ne intercetto ogni millimetro, con i mie trecento milioni di recettori olfattivi.
Ilaria è una sportiva e scalatrice allenatissima, Anna, non proprio, motivo per il quale, ogni 5 minuti, torno indietro per assicurarmi che lei sia viva e non collassata sul giaciglio di un arbusto.
Parlano di me e dei miei compari come di una razza “giocattolo“, pigra e da traversina, ma in quel giorno crepuscolare io, Anna, Ilaria e la mia migliore amica Bimba, di razza Cavalier king, abbiamo intrapreso un’avventura bellissima e sportivamente performante.
Ci dirigiamo tutte e quattro insieme all’inizio del percorso, ma le due ragazze rallentano il passo notevolmente, tra chiacchiere e risate che mai capirò.
Io e Bimba, invece, siamo carichissime e slegate (non ci sono pericoli per noi, se non i ciclisti a cui andiamo incontro sistematicamente, senza ragione apparente).
Le umane distratte sbagliano strada e continuano con i loro sogghigni; noi siamo contente, e ci lasciamo completamente pervadere dalla natura circostante, dagli animaletti, dalle pozzette di fango bellissime in cui ci rotoliamo e dagli odori, tanti odori rigineranti.
Il paesaggio è stupendo e le umane ne esprimono la bellezza attraverso i loro occhi felici.
Finalmente arriviamo: io torno indietro a recuperare Annamaria prostrata, che trovo incantata davanti alla scritta, appena scorta dopo l’ultimo tratto di sentiero:
“Una volta arrivati alla vetta ci siamo voltati.
Ci si è presentata una bellissima vista.
L’atmosfera splendidamente chiara:
Il cielo azzurro intenso: le valli profonde,
I profili selvaggiamente frastagliati;
I cumuli di detriti ammassati nel corso dei secoli;
Le rocce dai colori vividi:
Tutto questo insieme creava uno scenario che nessuno avrebbe potuto immaginare”
Ed era tutto lì, nell’incastro perfetto dei nostri occhi.
Lei mi guarda. Io la guardo e sorridiamo.